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In partenariato con

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Il Consiglio di Stato precisa i presupposti ed i limiti applicativi della co-progettazione

Con una interessante sentenza dello scorso 22 maggio, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha fornito un importante contributo alla perimetrazione concettuale dell’attività di co-progettazione.

La vicenda oggetto del giudizio

Oggetto del contendere tra una cooperativa sociale e il Comune dell’Aquila era un servizio di assistenza scolastica per soggetti diversamente abili, affidato dall’amministrazione attraverso una procedura disciplinata dal d.m. n. 72/2021. In primo grado, il ricorso della cooperativa era accolto, avendo il T.A.R. ritenuto incompetente il dirigente all’avvio della procedura di co-progettazione, specie in ragione della mancanza di un presupposto atto di natura politica che operasse la scelta in ordine alla modalità di gestione. Sarebbe stato quest’ultimo atto di indirizzo, infatti, a dover motivare circa miglior garanzia di  convenienza -in termini di soddisfazione dell’utenza- della co-progettazione rispetto all’affidamento tramite una procedura competitiva di appalto. 

La decisione del Consiglio di Stato n. 4540/2024

L’annullamento del provvedimento dirigenziale non è stato confermato dal Consiglio di Stato sulla base dell’incompetenza del funzionario o della mancanza di un atto politico a monte (o per l’ulteriore, paventato, contrasto della procedura rispetto alla programmazione comunale di gestione dei servizi). Invero, i giudici di appello hanno ritenuto che il motivo non potesse invece essere scrutinato nel merito, siccome proposto in maniera eccessivamente generica.

Esaminando quindi gli ulteriori motivi del ricorso introduttivo riproposti in appello, vengono ulteriormente ritenute fondate le censure relative alla indebita previsione della corresponsione di un prezzo a fronte della realizzazione del servizio ed alla mancata partecipazione degli enti del terzo settore alla definizione dei contenuti del servizio affidato.

Il concetto di gratuità

Il Consiglio di Stato ritorna quindi sulla vexata quaestio della gratuità delle prestazioni rese nell’ambito della co-progettazione: solo ove il servizio sia reso effettivamente senza corresponsione di un prezzo esso può dirsi esentato dalla necessità di rispettare la disciplina di matrice europea in materia di appalti.

Nel caso in esame il bando di co-progettazione prevedeva non solo il rimborso delle spese vive, ma anche il pagamento (dietro emissione di fattura), delle spese di gestione, i compensi agli operatori, il rimborso spese ai volontari e la retribuzione agli esperti.

Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto che il bando contenesse una inammissibile previsione della retribuzione dei fattori produttivi, confermata altresì dalla modalità di rifusione prevista (fatturazione) e dal quantitativo di costi effettivamente sostenuti dall’operatore economico in partenariato (solo l’8% del totale).

La partecipazione degli ETS alla definizione del progetto

Una ulteriore censura specificamente accolta dal Consiglio di Stato riguarda la mancata partecipazione degli enti del terzo settore alla definizione del progetto oggetto del partenariato. Rimarcando la differenza genetica che sussiste tra questa tipologia di procedure e l’affidamento a gara, i giudici hanno ritenuto non ammissibile che l’interezza dei contenuti dell’affidamento fossero appannaggio esclusivo del Comune, il quale non si è adeguatamente aperto al confronto con gli operatori. Ai soggetti partecipanti alla procedura, invero, era concesso di proporre solo modalità esecutive di dettaglio, in maniera di fatto non dissimile a quanto avverrebbe con una offerta tecnica in sede di gara..

di Giacomo Biasutti, Professore associato di Diritto amministrativo, Università degli Studi di Trieste

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