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Via libera dalla commissione finanze della Camera alla bozza di decreto sulla fiscalità del Terzo Settore

Lo scorso 7 ottobre, la commissione finanza della Camera dei deputati ha dato il via libera con osservazioni per il Governo allo schema di decreto delegato che modificherà la fisionomia del regime fiscale per gli enti del terzo settore.

La preoccupazione principale è che l’impatto del nuovo regime fiscale a partire dal 2026 possa portare ad aggravi non necessari per gli enti, ad eccessi di zelo negli adempimenti e a disparità di trattamento.

Tocca quindi al Governo trovare il giusto medio nel regime transitorio per minimizzare gli inconvenienti che giocoforza si riscontreranno in un cambiamento tanto rilevante per il Terzo Settore.

A seguire, le osservazioni della Commissione e lo schema di decreto.

* * *

a) introdurre, all’articolo 5 dello schema di decreto in esame, una norma di interpretazione autentica, volta a chiarire l’ambito applicativo dell’articolo 88, comma 4-ter, del TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in relazione ai nuovi istituti con finalità liquidatoria e non liquidatoria, introdotti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019;

    b) adottare le opportune iniziative per garantire la graduale attuazione dell’orientamento unionale e il coordinamento con l’assetto normativo conseguente alla riforma degli enti del Terzo settore, al contempo assicurando, anche dopo il 1° gennaio 2026, un regime di esclusione dall’IVA per le operazioni poste in essere dagli enti associativi non commerciali;

   c) adottare le opportune iniziative volte ad evitare gli effetti penalizzanti, ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, che potrebbero discendere dall’operatività, a decorrere dal 1° gennaio 2026, delle disposizioni di cui al Titolo X del Codice del Terzo settore;

    d) novellare gli articoli 3 (Prestazioni di servizi) e 10 (Operazioni esenti dall’imposta) del Testo unico IVA, sostituendo il riferimento alle «organizzazioni non lucrative di utilità sociale» (ONLUS), con quello agli «enti del Terzo settore escluse le imprese sociali costituite in forma di società», nonché, al comma 1, numero 15), del richiamato articolo 10, sostituire il riferimento agli «enti del Terzo settore di natura non commerciale» con quello agli «enti del Terzo settore»;

    e) superare l’attuale asimmetria, ai fini IVA, tra cooperative sociali e imprese sociali per le prestazioni sanitarie, socio-sanitarie, assistenziali ed educative rese in favore dei soggetti individuati dall’articolo 10, primo comma, numero 27-ter), del Testo unico IVA;

    f) integrare lo schema di decreto legislativo in esame prevedendo un’esenzione IVA per le sacche trasfusionali acquistate dalle associazioni di donatori volontari di sangue e dalle relative federazioni, al fine di perseguire i propri scopi associativi;

    g) integrare lo schema di decreto legislativo in esame con una disciplina che,Pag. 47in coerenza con quanto già previsto per il Corpo nazionale, escluda dall’applicazione dell’IVA le prestazioni rese dietro corrispettivo dai Corpi dei Vigili del fuoco volontari;

    h) integrare lo schema di decreto legislativo in esame al fine di disporre l’applicazione, in quanto compatibile, delle disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, alle associazioni di categoria economiche, nonché agli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dalle suddette associazioni, nonché di estendere ai medesimi enti le esenzioni previste dall’articolo 2, comma 1, lettera hh), del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696;

    i) integrare lo schema di decreto legislativo in esame allo scopo di chiarire la portata applicativa delle agevolazioni IRES attualmente vigenti, ovvero introdurne di nuove, in favore degli enti di gestione delle case popolari, valutando altresì la possibilità di ricomprendere anche i soggetti costituiti in forma societaria, tenuto conto della natura sociale dell’attività da essi svolta.

di Giacomo Biasutti, Professore associato di Diritto amministrativo, Università degli Studi di Trieste

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