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Il Terzo Settore può aiutare a superare il digital divide

Il PNRR e il contrasto al digital divide

“Digital divide” è un’espressione nata in seno all’amministrazione statunitense negli anni Novanta per indicare la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici. Ad oggi viene utilizzata sia per indicare la mancanza di accesso alle tecnologie dell’informazione, in prima battuta a Internet, ma anche l’analfabetismo digitale, ossia la mancanza di conoscenza degli strumenti tecnologici o di come possono essere utilizzati, che si riflette nell’esclusione di una parte della popolazione come anziani e famiglie a basso reddito.

In questo quadro si inserisce “Rete dei punti di facilitazione digitale” approvato del Dipartimento per la trasformazione digitale che grazie ad un fondo di 135 milioni di euro finanziato con il PNRR mira ad aiutare almeno 2 milioni di cittadini entro il 2026 a gestire la propria identità digitale, navigare in rete, riconoscere le fake news, effettuare chiamate o videochiamate, fare acquisti online, utilizzare i propri servizi bancari, l’App IO o accedere all’Anagrafe della Popolazione Residente. L’obiettivo è quello di aumentare il numero di cittadini in possesso di competenze digitali; al momento si tratta di appena il 46 % della popolazione.

Per la sola regione Friuli Venezia Giulia sono stati destinati 2.275.302 di euro con l’obiettivo di aiutare 41.000 persone.

I facilitatori digitali

In particolare il progetto rientra nella Missione 1 del PNRR ed è destinata a fornire un aiuto e un supporto alla popolazione facilmente soggetta al “digital divide” attraverso i “facilitatori digitali” costituiti in una Rete Nazionale dei Punti di Facilitazione, che vede interessate Regioni, Comuni, ma anche Enti del Terzo settore, che vengono coinvolti attraverso appositi bandi regionali per l’apertura dei Punti di facilitazione su tutto il territorio italiano.

Grazie ai Punti di facilitazione i cittadini vengono formati dai facilitatori digitali, attraverso formazione individuale, on-line o di gruppo e ricevono un aiuto per accedere ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione, come l’App IO, la piattaforma pagoPA, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente e il Fascicolo sanitario elettronico, ma anche per i servizi previdenziali.

Gli Enti del Terzo settore possono quindi essere parte di questa iniziativa e aiutare le fasce della popolazione in difficoltà davanti alla trasformazione digitale della Pubblica amministrazione, garantendo la partecipazione anche di coloro che rischiano di rimanere esclusi e assicurando in tal modo quei diritti di cittadinanza digitale che lo stesso Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) enuncia e garantisce a tutti.

di Luca Pellizzoni, Avvocato, dottorando di ricerca in Applied data science and artificial intelligence, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Trieste

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