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Il Terzo Settore nel “nuovo” Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023)

Appalti pubblici – convenzionamento – partenariato – d.lgs. n. 36/2023 – ammissibilità e limiti

Il rapporto tra disciplina del Terzo Settore e norme in materia di appalti pubblici (id est obbligo di procedura competitiva per l’acquisizione di beni, servizi e opere) è da sempre complessa. Incerto è infatti il limite ove finisce l’obbligo di gara e con quali presupposti l’amministrazione può procedere con una convenzione per la realizzazione di un servizio pubblico anziché mettere a gara il servizio stesso.

Attualmente, si occupa di definire il perimetro applicativo del Codice dei contratti pubblici il relativo art. 6. Da un lato, la norma consente alla P.A di costruire modelli di co-organizzazione dei servizi con gli Enti del Terzo Settore, a patto che questi non realizzino rapporti di natura sinallagmatica (sul principio di gratuità, leggi il precedente contributi cliccando qui). Per vero, la disposizione non chiarisce a quali tipi di modelli si riferisca, posto che non indica disposizioni specifiche; nondimeno è chiaro invece che questa prima parte dell’articolo si riferisce a modalità organizzative. La seconda parte dell’articolo, invece, chiarisce definitivamente che ai procedimenti regolati dal Codice del terzo settore non trovano applicazioni le disposizioni in materia di appalti pubblici – ossia, non si realizzano gare competitive per individuare l’ente con cui la P.A. si vuole convenzionare. Si chiarisce, insomma, un principio di autonomia normativa delle procedure di cui agli artt. 55 e 56 del d.lgs. n. 117/2017 (sulla co-programmazione e sulla co-progettazione leggi il precedente contributo cliccando qui mentre sul convenzionamento leggi cliccando qui).

A restare ancora aperta – o, meglio, rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione – è l’individuazione dei casi concreti nei quali il convenzionamento con l’ETS dia risultati comparativamente migliori al ricorso al mercato.

di Giacomo Biasutti

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